Nuove Cru Bardolino
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Per festeggiare i suoi cinquant’anni di vita la doc del Bardolino si è regalata tre sottozone nuove di zecca: La Rocca, Montebaldo e Sommacampagna. Prosegue dunque in grande stile la campagna di rilancio di un vino che dopo i fasti ottocenteschi in cui si permetteva di contendere a Borgogna e Beaujolais le tavole dei grand’hotel svizzeri, aveva smarrito la sua identità per ritirarsi mogio mogio entro i confini del territorio in cui solo pochi testardi contadini hanno continuato a produrlo. Era il 2008 quando il Consorzio di Tutela varò il piano strategico di rilancio, all’indomani della zonazione dei vigneti effettuata dal professor Attilio Scienza: nel 2015 le prime concrete conseguenze, con la creazione di Bardolino Village.
E oggi le tre Cru, a sottolineare le prerogative peculiari di un territorio che per la sua ricchezza e varietà fatica ad essere compresso all’interno di una sola categoria enoica. Cru: ad essere pignoli quelle tre lettere non si potrebbero mettere insieme nemmeno per sbaglio, visto che rimangono un patrimonio culturale limitato alla sola Francia, primo Paese al mondo ad inventarsi un termine con cui individuare una singola vigna o, al massimo, un singolo villaggio di produzione. Da noi le norme sono chiare: cru è parola buona per promozioni e manifestazioni, ma per legge si deve parlare di sottozone o di menzioni geografiche aggiuntive o al massimo di vigne. Al diavolo le norme, devono aver pensato sul Garda quando hanno deciso di valorizzare le specificità organolettiche del loro prodotto. Ecco dunque il Bardolino Montebaldo, prodotto nella zona settentrionale, più fredda e più vicina alle pendici del Monte Baldo che del lago di Garda è la montagna più elevata ed incombente; e poi il Bardolino La Rocca, realizzato con uve coltivate nell’anfiteatro morenico a ridosso del lago in condizioni climatiche meno rigide e più ventilate; infine il Bardolino Sommacampagna, frutto del lavoro di vignaioli che operano sulle colline che chiudono il Benaco nella sua parte meridionale, più calda e protetta dalle brusche variazioni atmosferiche tipiche delle aree più settentrionali. E se il territorio vale qualcosa, nella formazione dei vini, queste specificità non potevano che dare vita a prodotti dalle caratteristiche inevitabilmente differenti, nonostante per decenni siano stati imbottigliati sotto un’unica, generica etichetta. “In realtà non si tratta di una rivoluzione vera e propria – ha riconosciuto il Presidente del Consorzio di Tutela del Bardolino Franco Cristoforetti – perché le tre sottozone che impropriamente sono state definite cru sono identiche a quelle che erano state individuate già all’inizio dell’Ottocento , ben prima della classificazione di Bordeaux. Non abbiamo fatto altro che riconoscere le loro peculiarità e provare a valorizzarle adeguatamente. Grazie all’evoluzione del gusto – ha aggiunto – il mercato è oggi preparato a prodotti di questo tipo: l’obiettivo è quello di suddividere lam produzione generale in modo che il Chiaretto si attesti sui 17 milioni di bottiglie, il Bardolino sui 7 e le sottozone sui 4”. Solo 14 delle oltre 100 aziende che danno vita al Consorzio hanno superato l’esame di un comitato volontario costituitosi con l’obbiettivo di censire i possibili candidati, ma non è detto che il numero nel corso dei prossimi anni possa aumentare, come per altro auspica lo stesso presidente Cristoforetti: “nelle carte dei vini dei grandi alberghi svizzeri e austriaci, dove l’aristocrazia europea si recava in vacanza a fine Ottocento, c’erano i migliori Bardolino assieme ai cru del Beaujolais, affini per stile e gusto. Noi vogliamo rinverdire quei fasti con i nostri, di cru, eleganti e raffinati”. I canoni ovviamente sono decisamente più restrittivi rispetto a quelli previsti dal disciplinare della doc: vigneti di almeno sette anni, Corvina al 95% e non più solo all’80%, resa massima di 100 quintali per ettaro, appassimento bandito, uso moderato e ragionato del legno e immissione sul mercato almeno dopo un anno dalla vendemmia. Ecco perché i nuovi Bardolino ne hanno guadagnato in colore, aromi e sapore, ecco perchè le tre sottozone non temono l’invecchiamento e anzi lo auspicano, per dare il massimo delle loro possibilità. Al momento il bollino per i vini selezionati sarà limitato a 100mila bottiglie, ma non appena il Ministero delle Politiche Agricole darà il benestare definitivo i numeri potranno aumentare considerevolmente.
Il Bardolino muta ancora la sua natura, dunque, all’indomani della clamorosa “rivoluzione rosè” che qualche anno fa ne fece il vino rosato più venduto e apprezzato in Italia, dopo che aveva rischiato la scomparsa intorno al 2008, quando all’ingrosso veniva pagato 42 centesimi al litro: segno che il suo territorio le sue uve e le sue cantine sono davvero eclettici e garantiscono ampi margini di miglioramento ad una rivoluzione che probabilmente non si è ancora conclusa. Non lo esclude per esempio Giovanna Tantini, della cantina omonima: “da sempre sono convinta che la Corvina lavorata come dico io possa dare vita a vini complessi e strutturati. Questo progetto mi ha permesso di concretizzare anni di esperimenti e di tentativi. A questo punto non è detto che il Bardolino resti quello che è sempre stato, visto che un’altra strada è praticabile”. “In realtà i Bardolino cru sono sempre esistiti – ha dichiarato Matilde Poggi, infaticabile animatrice della cantina Le Fraghe – Quello che è mancato, soprattutto negli ultimi anni, è stato un adeguato lavoro di valorizzazione: il nuovo disciplinare ha messo le cose a posto, anche perché ha insistito molto sulla Corvina che è il segreto del successo del progetto”. “La Corvina è un grandissimo vitigno – ha aggiunto Silvio Piona, della cantina omonima – soprattutto se i vigneti hanno una certa età, sono in equilibrio e ben lavorati: tutte prerogative previste dal nuovo progetto che per questo non può che dare vita a vini di grande livello”. Ma l’aspetto più importante dell’intera faccenda è che queste nuove perle non rischiano di sbiadire la lucentezza delle altre: il Bardolino continuerà ad essere declinato nelle sue diverse varietà, compresa la Docg Bardolino Superiore con le sue 150mila bottiglie, considerata la punta di diamante del prodotto gardesano. Semplicemente si articolerà l’offerta in nuove, specifiche proposte, ogni una delle quali legittima ambasciatrice della complessità di un vino che negli ultimi anni ha saputo trovare nel suo dna le armi vincenti per affermarsi in un mercato sempre più diffidente e complicato.
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